Qui troverete il racconto di un’italiana che vive in Cina. Un paese sterminato che si estende a forma di gallo fino a raggiungere l’Oceano Pacifico, confinando con quattordici stati e ospitando una popolazione di più di un miliardo di abitanti. La Cina alla quale molti occidentali sono abituati è quella dei grandi imperatori della città proibita, delle arti marziali di Bruce Lee, del culto dello spirito, dei dragoni volanti e del Fiume Giallo. Ma quello che voglio raccontarvi oggi, invece, è l’esperienza di un’italiana che vive in Cina: la mia! Seguitemi nel mio percorso attraverso questo Paese così misterioso e affascinante questo è uno di tanti racconti.
Com’è cambiata la Cina negli ultimi anni
La storia della Cina si confonde spesso con la leggenda. Nelle maggiori città, più aperte al commercio e caratterizzate da una florida economia, le antiche abitazioni sono state rimpiazzate dai grattacieli, le sconfinate campagne sapientemente irrigate hanno fatto spazio a strutture ultramoderne, la pratica del Taiji è stata soppiantata dal culto della tecnologia e dai videogame.
La Cina è diventata così la terra delle contraddizioni dove all’impiegato in bicicletta si affianca il miliardario con la Ferrari, e l’anziano cresciuto dei frutti del proprio raccolto sfoggia l’ultimo modello di Smartphone. In tutto questo peròanche la terra della “grande armonia” e la coesistenza sotto un unico sistema amministrativo di cinquantasei distinte etnie l’ha resa un luogo variopinto e differenziato negli usi, nei costumi, nei dialetti e ovviamente nella gastronomia.
Gastronomi e Foodie non staranno più nella pelle nel sapere che il sistema culinario cinese si articola in otto grandi cucine regionali, alle quali si affiancano ulteriori prelibatezze tipiche delle maggiori città come Pechino e Shanghai. Io risiedo ormai da due anni in quest’ultima, nominata capitale economica del Paese. Il nome Shanghai significa “sul mare” e non a caso essa è una gigantesca metropoli marittima.
Un’italiana in Cina… più precisamente a Shanghai
In quanto a modernità e a tecnologia, Shanghai non ha nulla da invidiare a New York. Il suo skyline mozzafiato composto dai tre grandi colossi: la Torre delle Perle, la torre Jinmao e il World financial center, il cosidetto “Cavatappi”, l’hanno resa famosa in tutto il mondo nonchè meta turistica e lavorativa molto ambita.
Qui lo straniero, comunemente chiamato Laowai, è accolto con stupore (spesso è preso di mira da foto e selfie) e con interesse, poiché visto come esponente del mondo occidentale ed esperto del proprio campo lavorativo.
L’arrivo del Laowai in Cina è comunque un momento piuttosto traumatico, il contatto con una cultura differente e l’incontro con una realtà sconosciuta richiedono un totale sconvolgimento del proprio stile di vita che coinvolge tanto la dimensione domestica quanto quella lavorativa, a partire dal rapporto con il cibo, che in parte va completamente rivisto.
Per molti il dilemma numero uno è il primo faccia a faccia con le bacchette. Fortunatamente, data la diffusione a macchia d’olio dei ristoranti etnici in Italia, questo ostacolo è facilmente valicabile. Tuttavia, per chi non è avvezzo al cibo orientale, il processo di abbandono dell’utilizzo della posata può essere lungo e travagliato. Nei tipici ristoranti cinesi le forchette non esistono, il massimo che possa contribuire ad alleviare l’assenza della tanto amata compagna di spaghettate è il cucchiaio. Anche il coltello è inesistente dal momento che la cucina cinese prevede che gli alimenti vengano tagliati a grandezza di morso prima della cottura così da agevolarne il consumo.
Non è raro accomodarsi poi in un ristorante ed udire un sinfonico concertino di “slurp”. In Cina, infatti, fare rumore quando si mangia non è considerato maleducazione.
Il rumore prodotto nel tirare su gli spaghetti o nel bere la zuppa denota gradimento e soddisfazione. Allo stesso modo non è un problema mangiare chini con la testa sulla ciotola, produrre suoni quando si mastica e perfino emettere, anche vigorosamente, area dalla bocca a fine pasto: in Cina vige la regola meglio fuori che dentro!
Abituarsi ad un’altra vita, i cambiamenti per un’italiana in Cina
Quali possono essere i cambiamenti più grandi che deve affrontare un’italiana in Cina? Personalmente, quando arrivai in Cina due furono i miei traumi più grandi: innanzitutto, quello di dovermi abituare a una nuova cucina, quale quella di Shanghai, inverosimilmente agrodolce, o meglio più dolce che agro.
L’accostamento di dolce e salato è particolarmente gradito nella Cina meridionale al punto che non è raro assistere a scene di cinesi che bevono pantagruelici frappè al cioccolato per accompagnare la carne alla brace!
In secondo luogo ho dovuto riorganizzare completamente la mia giornata alimentare, che in Italia era scandita da colazione alle 7, pranzo alle 14 e cena alle “solo Dio sa quando” (arrivo da Napoli e, come si sa, al sud l’orario della cena è dilatato).
La giornata tipo di un’italiana in Cina: partiamo dalla colazione
A parte l’orario della colazione, in Cina gli orari dei pasti sono notevolmente anticipati rispetto all’Italia.
La sveglia, che sia un giorno lavorativo oppure di festa, è impostata alle 6.30 (i più anziani alle 5 già vagano per strada pur non avendo una meta definita). Inoltre, il cinese medio preferisce la colazione salata a quella a base di zupponi di biscotti e cornetti pucciati nel cappuccino, ed è abituato ad abbandonare la comodità domestica per lanciarsi in strada, mangiare on the road oppure fermarsi in qualche ristorantino di circostanza.
Andando al lavoro la mattina ci si ritrova spesso impelagati in code chilometriche che si dilungano fuori ai negozi piu rinomati, molti dei quali sono a conduzione familiare e saziano gli asiatici stomaci con cibo home-made. Tra i cinesi e i laowai cinesizzati i cibi per la colazione più ambiti includono Mantou e Baozi.
Colazione tra Mantou e Jianbing
I mantou sono panini semplici, bianchi, cotti al vapore e morbidissmi, i secondi sono invece ripieni di carne, verdure oppure pasta di fagioli rossi. Tra i bestseller ci sono i Liushabao (leggesi Liousciabao), farciti con crema di tuorlo d’uovo dolce. Il fatto che il ripieno sia “colante” (come ne suggerisce il carattere liu presente nel nome) fa di essi il nemico numero uno degli abiti eleganti e delle tenute da lavoro, tuttavia, è spesso irrinunciabile!
Nonostante il chiaro sentore d’uovo, il connubio con il panino bianco è spettacolare. La mollica povera di sale esalta l’accennata sapidità del tuorlo, secondo i canoni tipici dell’ideale buddista del “vuoto che fa risaltare il pieno”, concetto che permea un po’ tutta la cucina asiatica.
Spesso, al panino si accompagna il Zhou, un porridge a base di riso
in cui a scelta si possono aggiungere vari condimenti: cipollotto, aceto,
coriandolo, zucca oppure il temibile uovo centenario, una delicacy tutta
cinese che avremo occasione di esplorare in un futuro non distante.
Nella top ten dei cibi da colazione si colloca la Jianbing, una crepes
salata. Quando nelle giornate invernali l’aria si riempie di fumo bianco e di
un odore che penetra le narici pervadendo i sensi e aprendo lo stomaco, si sa
già di essere in prossimità di una Jianbing.
Lungo le stradine un po’ ingrigite i commercianti nelle loro piccole botteghe si dedicano alla piastra calda stendendo con estro e rapidità la pastella delle crepes per farcirle poi di cipollotti, crema dolce, peperoncino, e a scelta spiedini di pollo, salsicce oppure Cuibing (Tsueibing) una sorta di “chiacchiera” salata che attribuisce un pizzico di croccantezza alla pietanza. Un’ alternativa interessante a quelle elencate è lo youtiao, il fratello oltreoceano del churros, sebbene molto meno dolce del suo parente spagnolo.
Pranzo e cena tra ravioli e brodo piccante
Il consumo del pranzo avviene di solito dalle 11 alle 12, le 13 sono già considerate un orario piuttosto tardo, mentre la cena viene invece consumata alle 18, anzi, taluni alle 17 stanno già digerendo. I cinesi in tutti i casi sono dei pastaioli come gli italiani, e che sia pranzo o cena combinano equilibratamente carboidrati e proteine.
I primi sono prevalentemente spaghetti, in cinese miantiao, e riso. In base al gusto è possibile sperimentare le più disparate cotture, fritto, saltato, in zuppa e nella versione “condita a freddo” cioè ricoperto di crema di sesamo e aceto con aggiunte di verdure a julienne.
Anche i ravioli la fanno da padroni sulle tavole. In Italia se ne conoscono solo poche varietà, ma in Cina se ne trovano di tutte le tipologie, ognuna con un nome differente in base al metodo di preparazione, possono essere bolliti, alla piastra, ripieni di zuppa ustionante, ricoperti di salse. Le ultime influenze della Haute Cuisine hanno anche contribuito all’introduzione di ingredienti per il ripieno tipicamente occidentali come formaggio, foie gras e addirittura tartufo.
Via libera alle proteine!
Le proteine sono di norma fornite da carne di maiale o di pollo, molto più rari sono il manzo o il vitello che in passato erano considerati la carne dei ricchi. Inoltre, la comunità musulmana gestisce spesso ristoranti di barbecue dove si servono pietanze a base di montone. Quest’ultimo può essere tagliato a tocchetti e infilato strategicamente su piccoli spiedi, porzionato in costolette, oppure esposto su uno spiedo gigante, roba da fare invidia a Fred Flinstones e alla sua braciola di brontosauro. In Cina, comunque, non si butta niente! Dalle orecchie di maiale ai cuori di pollo, dalle zampe di anatra al cervello, tutto viene consumato nelle forme più impensabili, insomma, tutto fa brodo.
E di brodi ce ne sono di tutte le specie, tra di essi domina la Malatang. Questo piatto dal colore rosso rubino che a prima vista potrebbe sembrare un intruglio magico consiste in una zuppa piccante ed è tipico del Sichuan. Il termine “Mala” combina due caratteri che racchiudono i significati di “piccante” e “anestetizzante”, la piccantezza data da questa zuppa si configura come un sapore distintivo e letteralmente intraducibile che può essere goduto solo sfidando i più elevati gradi della scala di Scoville. Esso è dato dalle combinazioni di disparate tipologie di peperoncino e di vari grani di pepe, tra i quali il famoso pepe di Sichuan.
La vita di un’italiana in Cina è un’esperienza sensazionale
Insomma, si potrebbe parlare della Cina e del suo cibo per mesi, non basterebbe un’enciclopedia per ricoprire tutto l’argomento, ed è evidente che quanto fin qui detto, e quanto verrà in futuro approfondito sfida gli stereotipi del maiale in agrodolce e del pollo con le mandorle, dell’involtino primavera e del raviolo a vapore, onnipresenti piatti nei menu sino-italiani che in realtà rappresentano una minima, infinitesima parte di uno dei più grandi sistemi gastronomici al mondo.
Vivere la ricchezza e le contraddizioni della Cina è un’esperienza sensazionale, che affascina e sciocca allo stesso tempo. Le stranezze nelle quali ci si può imbattere un’italiana in Cina sono molteplici, ma chi ama il paese non può che accoglierle e, nella giusta misura, farle proprie, aprendosi così alla bellezza del diverso.
Il laowai che si sa adattare è quello che contempla la remota possibilità di affiancare il gelato alla vaniglia al brodo di pollo, che all’incapacità di utilizzare le bacchette sostituisce pratiche tattiche per fare propria la tecnica e che, perchè no, un giorno storcerà meno il naso dinanzi a chi apprezza la pizza con l’ananas.
Conclusioni del viaggio alla scoperta della cucina cinese
Spero che il mio viaggio alla scoperta del cibo cinese, possa essere utile a tutti gli italiani che vivono o stanno pensando di trasferirsi in Cina, ma che possa essere un arricchimento per i curiosi foodie. Immagino che in tanti abbiano affrontato come me, giorno dopo giorno, le “sfide” che un paese straniero può riservare.
E se volete continuare a viaggiare, almeno virtualmente, non perdetevi anche la guida per una Londra da gustare e il viaggio tra i sapori e i profumi del Marocco che trovate qui su Spadelliamo.
Adesso però fatemi sapere nei commenti se avete domande o curiosità sulla Cina, cercherò di darvi delle risposte se posso 🙂
A presto, con altre avventure e curiosità di un’italiana in Cina!
Sara
Sara 28 anni, una napoletana con gli occhi a mandorla. Vivo a Shanghai da un anno e mezzo, ma porto Napoli nel cuore. Adoro l’Asia da quando ero piccola e ho trovato in Cina un lavoro che mi aiuta a combinare la mia indole socievole con la mia passione per il cibo. Amo cucinare, così come mangiare. Adesso sono alla scoperta di ciò che ha da offrirmi l’Oriente.
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